giovedì 5 ottobre 2017

Mi ricordo Monteverdi










Domenica 1 ottobre siamo andati a fare un giro a Cremona in occasione di eatinero, oltre a cibo prelibato e ottima musica ci siamo fatti anche una passeggiata in centro.
Qui nei pressi del torrazzo abbiamo scorto l'omaggio di Cremona al grande artista Monteverdi.
Aimé la mia ignoranza in materia è davvero abissale e quindi non avevo la minima idea di chi fosse, così ho cercato di compensare le mie lacune cercando qualcosa in rete.
Qui ho appreso perchè questo uomo vissuto nel 600 era così speciale.



Biografia
 
Claudio Monteverdi era un musicista dalla grande sensibilità drammatica.
Compositore italiano vissuto tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, segnò il passaggio dal linguaggio rinascimentale a quello barocco. 
Nacque a Cremona nel 1567, portò avanti gli studi musicali di contrappunto e viola nella città natale sotto la guida di Marco Antonio Ingegneri, maestro di cappella del Duomo.
All’età di soli 15 anni vide pubblicate le sue prime composizioni, le Sacrae cantiunculae a tre voci, alle quali seguirono i Madrigali spirituali a quattro voci, le Canzonette a tre voci e il I e il II libro di Madrigali a cinque voci (I madrigali rinascimentali erano composizioni vocali profane a più voci, di solito cinque, su testi spesso di insigni poeti; erano concepiti per intrattenere e divertire la nobiltà e venivano talvolta accompagnati da strumenti).
Nel 1590 Monteverdi trovò impiego come violista alla corte dei Gonzaga a Mantova. Le sue qualità emersero ben presto, tanto che il duca Vincenzo gli affidò incarichi sempre più importanti, anche se soltanto nel 1601 lo nominò maestro di cappella. Intanto la sua fama si consolidava, grazie ai successivi tre libri di madrigali, il III, il IV e il V. In essi lo stile si distacca progressivamente da quello corrente; la musica, sempre più incline al sentimento del patetico, è tesa a esaltare i significati poetici, anche con l’uso di dissonanze ardite. Insieme al successo, giunse anche una lunga polemica con Giovanni Maria Artusi, un accademico bolognese tradizionalista, che gli rimproverava le innovazioni troppo spinte. Monteverdi rispose alle critiche rivendicando il suo nuovo stile, definito seconda pratica, volto a interpretare gli «affetti», cioè i sentimenti, del testo poetico e a suscitarli negli ascoltatori.
In tale orientamento si inserisce la favola pastorale Orfeo (1607).
Con l’Orfeo Monteverdi fonda un nuovo teatro musicale, sviluppando le più avanzate tendenze espresse in quegli anni nelle opere di Jacopo Peri e Giulio Caccini e aprendo la strada al melodramma barocco.
Al 1608 risale il celebre Lamento di Arianna, unico frammento pervenutoci della tragedia in musica Arianna, composto per i festeggiamenti di nozze tra Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia.
Tra le composizioni sacre del periodo mantovano si ricorda il Vespro della Beata Vergine (1610), dedicato a papa Paolo V nella speranza di ottenere un impiego a Roma presso la corte papale.
Dopo il licenziamento dalla corte di Mantova seguito alla morte del duca, Monteverdi ottenne nel 1613 l’incarico di maestro di cappella della Repubblica di Venezia, posto che tenne fino alla morte, avvenuta nel 1643.
Oltre a innumerevoli composizioni sacre, tra cui la Selva morale e spirituale (1640), diede alle stampe altri libri di madrigali, il VI (1614) e il VII (1619), in cui il linguaggio diventava sempre più moderno e originale. Nell’VIII libro (1638), intitolato Madrigali guerrieri et amorosi, per voci e strumenti vari, è inserito anche Il ballo delle ingrate (composto nel 1608) e Il combattimento di Tancredi e Clorinda (del 1624). In essa l’adesione ai sentimenti e alle passioni espresse nel testo raggiunge vette raffinate, grazie all’uso sapiente di tecniche nuove, come il genere concitato, che si avvale di note di breve durata ribattute velocemente dagli archi per creare un effetto di trepidazione.
Negli ultimi anni di vita compose per i teatri pubblici veneziani due opere, Il ritorno di Ulisse in patria (1640) e l’Incoronazione di Poppea (1643), mentre si moltiplicavano le committenze straniere, di corti italiane (Parma e Modena) o europee (Varsavia e Vienna). Il IX libro di madrigali fu pubblicato dopo la sua morte, nel 1651.


Dopo aver letto che il protagonista di una delle sue tante opere era uno dei miei personaggi mitologici preferiti, il grande viaggiatore e avventuriero Ulisse, mi sono sempre più incuriosita e ne ho letto il prologo. Mi è piaciuto così tanto che ho deciso di inserirlo in questo post.

Il ritorno di Ulisse in patria, SV 325

Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti

PROLOGO
Humana Fragilità,Tempo, Fortuna, Amore
Humana Fragilità
Mortal cosa son io, fattura humana.
Tutto mi turba, un soffio sol m’abbatte.
Il Tempo che mi crea, quel mi combatte.

Tempo
Salvo è niente
dal mio dente.
Ei rode,
ei gode.
Non fuggite, o mortali,
ché, se ben zoppo, ho l’ali.

Humana Fragilità
Mortal cosa son io, fattura humana.
Senza periglio invan ricerco loco,
ché frale vita è di Fortuna un gioco.

Fortuna
Mia vita son voglie,
le gioie, le doglie.
Son cieca, son sorda,
non vedo, non odo.
Ricchezze, grandezze
dispenso a mio modo.

Umana Fragilità
Mortal cosa son io, fattura humana.
Al Tiranno d’Amor serva sen giace
la mia fiorita età, verde e fugace.

Amore
Dio de’ Dei feritor, mi dice il mondo Amor.
Cieco saettator, alato, ignudo,
contro il mio stral non val difesa, o scudo.
Humana Fragilità
Misera son ben io, fattura humana.
Creder a ciechi e zoppi è cosa vana.

Tempo
Per me fragile

Fortuna
Per me misero
Amore
Per me torbido
Tempo, Fortuna, Amore
quest’uom sarà.
Tempo
Il Tempo ch’affretta,

Fortuna
Fortuna ch’alletta,

Amore
Amor che saetta,

Tempo, Fortuna, Amore
pietate non ha.
Fragile, misero, torbido, quest’huom sarà.

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